LE MUSE INQUIETANTI
Giorgio De Chirico, 1918
Il tema dominante è quello di un'eternità immobile e misteriosa, che prevarica l’apparenza delle cose ed induce ad interrogarsi sul loro significato ultimo, sul perché della loro esistenza, in un'atmosfera magica da visione onirica. I motivi tratti dalla realtà quotidiana sono riuniti senza un motivo giustificabile sul piano razionale, come lo sono certi sogni, certi incubi, dove tutto sembra reale ma non lo è perché è dato dal nostro inconscio.  La città è deserta, le ciminiere non fumano, tutto è statico e sospeso. In questo luogo sognato, solo   apparentemente reale, dove tutto è immobilizzato, non possono abitare uomini, esseri viventi ma solo manichini, che hanno solamente l'aspetto dell'uomo, non l'essenza. La piazza, scena del quadro, pavimentata di assi, somiglia ad un palcoscenico che ha come sfondo il castello di Ferrara ed una fabbrica con ciminiere, metafora della bipolarità antico-moderno, feticci del presente-passato, strutture vuote ed inutilizzate, in un complesso scenario panoramico rappresentato da due punti di vista diversi, uno in alto per la parte inferiore, uno in basso per la parte superiore, chiara citazione della pittura fiamminga del '400.                                     
Protagoniste della scena sono le Muse, che l'artista definisce inquietanti perché delega loro il dialogo con il mistero, con la verità al di là dell'apparenza, con una realtà svincolata dal tempo e dallo spazio, in polemica con un concetto di modernità che nega i valori del passato, trasformandole in manichini: quello in primo piano, grazie alle pieghe verticali della veste, pare sul punto di metamorfizzarsi in colonna ionica, mentre l’altro, in secondo piano, seduto, ha la testa smontata ed appoggiata a terra, simile ad una maschera che allude al negrismo caro a Pablo Picasso e all’ambiente parigino del suo tempo, in riferimento polemico con il Cubismo e tutte le correnti avanguardiste che De Chirico ha sempre rifiutato. La statua marmorea sullo sfondo è meno ambigua, ma ugualmente inquietante poiché è posta in ombra, quasi a significare la presenza di un tempo remoto che riemerge dalla coscienza.
I colori sono caldi, giocati sui toni del rosso-marrone, corposi, privi di vibrazioni, la luce è bassa, le ombre lunghe, nette e definite, la prospettiva converge verso il fondo del palco ligneo a definire uno spazio vasto ed irreale, innaturalmente deserto e statico, un luogo allucinante, dove tutto è cristallizzato in una sospesa realtà atemporale e la vita umana è preclusa, sostituita da quella puramente figurativa dei manichini.